Siccome nel kung fu e' presente una commistione di strategia di combattimento, scienza, filosofia, molte scuole scelsero di esistere con lo scopo di formare un individuo completo, armonico con se stesso e l'ambiente, capace di vivere al massimo delle sue potenzialita'. Così in Cina la nostra arte marziale e' diventata uno strumento di educazione e moltissime famiglie affidavano i proprio figli alle scuole di kung fu. Il primo dovere dello Shifu, il maestro, e' fornire un'educazione che aiuti a crescere in maniera completa.
Le arti marziali sono adatte ai bambini e ai ragazzi perché hanno una mente e un corpo molto piu' plasmabili di un adulto, e gli effetti positivi del kung fu vengono amplificati. Il corpo dei bambini e' ancora molto instabile e fragile: praticare kung fu permette uno sviluppo armonico della fisicita', sia nei maschi che nelle femmine. Il muscolo e' allenato in maniera tale da essere rinforzato, per supportare schiena e proteggere legamenti e tendini che non devono subire traumi. Un altro vantaggio delle arti marziali è certamente quello di potenziare il coraggio, l'autocontrollo e la disciplina. Richiedono costanza, impegno ed attenzione verso se stessi e l'altro.
Nel kung fu la competizione è necessaria con se stessi, non verso gli altri: non è il voler esser il più forte di tutti che viene trasmesso in allenamento, ma il voler superare i propri limiti e migliorarsi, che si cerca di valorizzare.
Ricordiamo anche le teorie di alcuni pedagogisti che supportano lo sport durante la fase di crescita:
- Piaget: i bambini imparano attraverso la vista, il tatto, vie cinestetiche e legheranno poi queste conoscenze ad idee piu' elevate.
- Stern: sostiene che l'esperienza deriva in gran parte dalla fisicita' di una persona, che poi trasmette le sue sensazioni alla sfera emozionale.
- Fuller: parla direttamente delle arti marziali, asserendo che queste abbiano qualita' che sostengono la salute psicologica dell'individuo e c'e' promozione di cambiamenti personali.
- Gleser e Brown: fanno notare che il concetto di ju (morbido), cioe' il cedere per usare la forza dell'avversario contro l'avversario stesso, e' un concetto che è stato inconsapevolmente applicato anche da parecchi altri autori come Watzlawitck e Rogers.